Presentati altri due volumi dell’opera monumentale sugli Stamenti sardi avviata nel 1983 e che si spera possa essere completata entro la legislatura.
L’Aula consiliare, massima istituzione sarda va riempiendosi pian piano. A distanza di decenni, prendono posto studiosi, onorevoli di passate legislature, ex studenti diventati uomini maturi. Tutti appassionati di Storia, quella con la “S” maiuscola. Quella passata e registrata nei documenti da chi ha governato, sicuramente di parte, ma che gli storiografi hanno “tradotto” e reso comprensibile anche a chi la storia l’ha appresa per grandi linee alla scuola dell’obbligo.
Il Presidente del Consiglio regionale, Michele Pais, richiama i partecipanti e inizia una seduta attesa anni. Dal 1983 di è dato corso a un’opera monumentale, unica nel suo genere, di importanza rilevante dal punto di vista storico e autonomistico, affascinante per aver riportato agli occhi di tanti le pagine ingiallite di una storia lontana, ma in fin dei conti non troppo, della Sardegna.
Il presidente del Comitato scientifico, Michele Cossa (qui l’intervista), è visibilmente soddisfatto. Le relazioni sono a cura di Aurelio Musi, già professore ordinario di Storia moderna all’Università di Salerno e di Gian Giacomo Ortu, già professore ordinario di Storia moderna all’Università di Cagliari.
Alla presentazione di ogni volume, si allunga la lista di quelli che hanno avuto un ruolo importante per la realizzazione di Acta curiarum Regni Sardiniae ma che non ci sono più. Tra questi, vengono ricordati Girolamo Sotgiu, consigliere regionale e senatore (morto nel 1996) e Gabriella Olla Repetto, grande studiosa recentemente scomparsa.
«Oggi facciamo un ulteriore passo avanti in un’impresa titanica: la realizzazione della collana Acta curiarum Regni Sardinae, progetto storico e culturale grandioso e unico, che ha ricevuto importanti riconoscimenti nazionali e internazionali per la sua ampiezza, per i suoi ambiziosi obiettivi e per il grado di completezza che aspira a raggiungere. Anche in altri Paesi è stato fatto il tentativo di raccogliere gli atti degli antichi Parlamenti, ma possiamo affermare con una punta di orgoglio, che solo la Sardegna ha saputo arrivare a questo punto”. Lo ha affermato Michele Cossa, presidente del Comitato scientifico degli Acta curiarum, nel corso della presentazione dei due tomi del XV volume “Il Parlamento del viceré Giovanni Vivas (1624)”, a cura di Alessandra Argiolas e di Antonello Mattone.
«L’opera abbraccia un arco temporale che parte dalla prima assemblea generale, convocata dal re Pietro IV il Cerimonioso nel 1355 e arriva fino alla rivoluzione del 1793-96. Il lavoro svolto dai curatori in questi quasi quarant’anni è stato assolutamente encomiabile. Essi – ha continuato Cossa – hanno unito e riordinato tutti questi documenti in un’operazione tutt’altro che agevole, se si tiene conto che stiamo parlando di un contesto spesso assai lacunoso. La Collana prevede – ha spiegato il presidente Cossa – la pubblicazione integrale di una mole impressionante di materiale originale, articolato in 24 volumi, di cui 23 di documenti, per un totale di 32 tomi. Ai 16 volumi già pubblicati, e consultabili online nel sito del Consiglio regionale, (Link) si aggiungerà all’inizio del prossimo anno il Parlamento del viceré Vivas (1624) curato dal Prof. Antonello Mattone, e altri tre vedranno la luce entro questa legislatura.
Nonostante la sua complessità – ha continuato Cossa – la scelta fatta nel 1983 dal Consiglio regionale della Sardegna fu quella di realizzare un’opera fruibile anche dalla gente comune, per cui alla trascrizione integrale dei documenti originali per ogni Parlamento è stata affiancata una parte introduttiva di più agile lettura, nella quale gli atti sono spiegati e contestualizzati in testi estesi e ben curati”. Il presidente del Comitato scientifico ha poi proseguito: «L’opera ha suscitato negli anni una sempre maggiore ammirazione all’interno della comunità scientifica in Sardegna, ma anche in Italia e nel mondo ispanico, tra gli storici del diritto e della partecipazione politica in Europa, come tra gli studiosi dell’economia e del costume. Negli ultimi anni è stata presentata oltre che in Sardegna all’Università di Pisa e al Senato della Repubblica. Di grande rilievo, per motivi facilmente intuibili, è stata la presentazione, che si è tenuta in occasione delle storiche celebrazioni per il 600mo anniversario delle Cortes di Valencia, alla presenza di studiosi provenienti da tutto il mondo, che ne hanno apprezzato il valore e il carattere di unicità e completezza”. Cossa ha poi aggiunto: “È questa ritengo la migliore testimonianza della portata e delle ricadute del grande investimento che il Consiglio regionale della Sardegna ha fatto: un’impresa che non sarebbe stato possibile realizzare se non con un rilevante sforzo da parte delle Istituzioni e il lavoro encomiabile del Comitato scientifico. Manca davvero pochissimo al traguardo del completamento dell’opera: appena 6 volumi, tre dei quali pronti per la stampa”. E rivolgendosi al presidente del Consiglio, Michele Pais, ha aggiunto: “E’ necessario che da parte Sua e dell’intero Ufficio di presidenza del Consiglio regionale vi sia piena consapevolezza dell’importanza di questa collana e del suo completamento. È un fondamentale contributo alla nostra storia e alla nostra identità, della quale andiamo tanto fieri, ma che ha continuo bisogno di essere rafforzata dal punto di vista storico e culturale”.
Nei documenti e nelle vicende del parlamento Vivas (viceré spagnolo della Sardegna agli inizi del ‘600) è possibile trovare la tracce di quel “patriottismo sardo” che, nelle epoche successive, svilupperà la sua azione rivendicativa e autonomistica sia nei confronti della Monarchia spagnola che verso quella Sabauda.
Lo ha affermato nella sua relazione il prof. Giangiacomo Ortu dell’Università di Cagliari, secondo il quale il viceré Juan Vivas si è trovato nella difficile posizione di dover conciliare il centralismo imperiale spagnolo più intransigente con un certo realismo della componente aragonese della monarchia. Per cui, ha aggiunto Ortu, con la necessità di mostrarsi coerente alla linea più rigorista, il viceré non riuscì in concreto a trovare la “quadratura del cerchio”, sia sullo sviluppo dell’agricoltura che in materia di difesa, con una “flotta Sarda” che doveva garantire la vigilanza sulle coste. E si trovò a dover fronteggiare una forte opposizione interna, anche se spesso divisa da localismi ed esposta a strumentalizzazioni. E da sostenitore della “ragion di Stato”, provò a forzare la mano (a volte con intelligenza, a volte con le cattive) scontentando alla fine un po’ tutti e, soprattutto, non riuscendo ad attuare le sue proposte, se non molto parzialmente.
Dal punto di vista programmatico quindi, ha detto ancora il prof. Ortu, l’esperienza di governo del viceré Vivas, non ha raggiunto i risultati che si prefiggeva. Ha avuto però il merito, sia pure indirettamente, di rilanciare grandi temi politici che saranno ripresi più tardi: rapporti fra monarchia e rappresentanze istituzionali locali, relazioni fra la stessa monarchia e categorie produttive, gerarchia delle fonti giuridiche.
Le complicate oscillazioni di Vivas sono state al centro della relazione del prof. Aurelio Musi dell’Università di Salerno. Musi ha sostanzialmente ricondotto le mancate realizzazioni di Vivas alla sua scelta di schierarsi con una delle parti in causa, perdendo con la sua funzione di “arbitro” anche il consenso necessario a far passare i provvedimenti così come li aveva immaginati.

La Sardegna della dominazione spagnola, da questo punto di vista, faceva parte di un’area mediterranea che stava molto a cuore al sistema imperiale, sia per questioni di difesa che per interessi economici e commerciali. E tutti i viceré della Penisola, ha sottolineato Musi, erano in qualche modo parte di una “rete” espressione di una unica catena di comando che doveva assicurare il rispetto degli obiettivi dei vertici di Madrid in tutte le sue zone d’influenza.