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AL MAU DI TORINO SI PARLA DI IRAN

Al MAU –  Museo d’Arte Urbana di Torino che si occupa di arte contemporanea e di diritti civili, è in corso “Natividal 26 novembre 2022 al 14 febbraio 2023, la mostra collettiva che nasce dall’assunto che tutti siamo nati da qualche parte. Il tema cardine dell’esposizione è sicuramente il fenomeno dell’immigrazione proveniente soprattutto dall’estero e non da altre regioni italiane, dell’integrazione sociale e culturale e del diritto alla cittadinanza, soprattutto per le nuove generazioni di migranti.

A tal proposito, nella giornata di sabato 10 dicembre alle ore 18.00, in occasione della giornata mondiale dei Diritti Umani, all’interno del museo, si è svolto un talk con l’artista iraniana Hanieh Eshteardi, diplomata all’Accademia Albertina e impegnata sul tema delle origini: per le sue opere, si lascia ispirare dalle miniature della Persia antica. Hanieh ha incontrato un pubblico di circa 30 persone per parlare dell’attuale situazione iraniana e dell’arte come mezzo di protesta, dissenso ed espressione per le donne. 

“Il regime dittatoriale sta torturando centinaia di innocenti in questo momento, pur continuando a governare” – ha detto Hanieh – “perché in Iran non esistono diritti essenziali ed equità, non c’è paragone tra la vita qui, quella che viviamo quotidianamente, e quella lì”. Secondo la pittrice, come lei stessa ha affermato, l’arte è un mezzo per diffondere emozioni, e, al momento, in Iran il movimento rivoluzionario conta numerosi artisti, famosi e non, che stanno contribuendo a difendere i messaggi di vita e libertà da un regime che va contro l’arte e la bellezza. Per strada, vanno a protestare sia donne velate che ragazze senza il velo, ma esse vengono uccise o picchiate a prescindere da ciò oramai, nel momento in cui si ribellano a un sistema centenario la cui costituzione non prevede nemmeno la Polizia Morale”. L’Arte in Iran, come la testimone ha aggiunto, è un argomento sensibile perché viene soffocata. Non cambia molto se un artista sia donna o uomo, ma non ci sono tante scelte sul modo d’espressione nell’arte figurativa per via della religione islamica: “Se vuoi comunicare qualcosa attraverso un quadro o una scultura devi essere tanto intelligente da mascherare la tua vera intenzione espressiva” – ha specificato Hanieh. In particolare, il 60% degli studenti universitari iraniani sono ragazze ma non ci sono sbocchi per loro: “Ci sono tante professoresse nelle Accademie d’Arte in Iran, la maggior parte delle quali ha viaggiato in tutto il mondo o in tutta la nazione per studiare e scoprire correnti e minoranze artistiche, e pittrici o scultrici donne, ma tutte sono limitate dal governo e lavorano esclusivamente a un livello privato” – ha aggiunto. Perfino internet (quandunque arrivi la rete, e cioè solo nelle città) e i social network sono sotto il rigido controllo del regime, il quale lascia solo poco tempo al giorno ai cittadini per usufruirne. In questi minuti, o raramente ore, i cittadini inviano messaggi e notizie nel globo per informare della situazione vigente.

Alla domanda su come potrebbe cambiare la condizione delle donne iraniane, Hanieh risponde così: “Togliendo la religione dal governo perché è l’Islam a volere le donne chiuse in casa e col velo e a dominare nella sfera sia pubblica che privata”.

L’intervento di Hanieh è stato preceduto, tuttavia, da quello di Samir, un esponente dell’Associazione Culturale Italia-Iran di Torino, il quale ha iniziato il suo discorso specificando che l’Iran ha sofferto una cattiva gestione della pace dopo la Prima Guerra Mondiale. Si è poi soffermato sul fatto che “L’Iran è uno dei paesi più ricchi del Medio Oriente ma fortemente in crisi dal punto di vista culturale, di parola ed economico, in quanto molte persone vivono in condizioni di estrema povertà e mancanza di igiene e sicurezza”.

L’incontro con i due ospiti si è concluso con la domanda di un uomo nel pubblico, il quale ha domandato il motivo per cui la situazione delle ribellioni iraniane contro il regime sia così precipitata negli ultimi anni. Hanieh ha risposto così: “Il problema del nostro popolo è che la maggior parte di esso si comporta in modo troppo rispettoso verso regole e la tradizione. Quando ero una ragazzina, ricordo di indossare il velo e comportarmi in un certo modo solo perchè i politici ci dicevano di farlo. Al contrario, i giovani di oggi sono meno rispettosi, più ribelli, non accettano le convenzioni imposte ma si chiedono il motivo per cui esse esistano e si rifiutano di abbassare la testa davanti alle forze dell’ordine e alle leggi che non piacciono loro. Se siamo arrivati a questa condizione oggi è anche colpa della mia generazione che si è piegata per fin troppo tempo ai poteri forti”.

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2022-12-12
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