Scultura Daliniana.

DALÌ IN MOSTRA ALLA PALAZZINA DI CACCIA DI STUPINIGI

Martedì 12 novembre è stata inaugurata la mostra “Salvador Dalì – The Exhibition” nella romantica Palazzina di Caccia di Stupinigi, a Nichelino, nel sud torinese. L’evento occuperà le antiche cucine della struttura reale settecentesca, originariamente adibita alla pratica dell’attività venatoria, fino al 19 febbraio 2023, dal martedì alla domenica. La collezione di disegni, sculture e oggetti in pasta di vetro Daliniani approda a Torino per la prima volta grazie al curatore Beniamino Levi, uno dei maggiori esperti dell’artista in questione nonché suo conoscente: Levi ha incontrato personalmente Dalì nelle sue residenze parigine e nella sua terra natale, la Spagna, e rimase affascinato da alcune prime opere scultoree, tanto da commissionargli una serie di bronzi basati sulle immagini surrealiste più famose della sua incredibile carriera.

La prima opera che s’incontra è “Danza nel tempo”, un bronzo alto 150cm iniziato nel 1984 con la tecnica della cera persa, ideato 5 anni prima, e rappresentante una delle immagini più iconiche di Dalì: l’orologio molle che va sciogliendosi. L’artista era ossessionato dal concetto del tempo e del movimento; secondo lui, il primo si muove al ritmo di una danza perpetua, che accelera verso l’alto e discende lentamente, si protende e si liquefa. L’orologio è perfetto per raffigurare il contrasto tra morbido e duro, da sempre preoccupazione per Dalì: egli ha preso un oggetto per natura solido e preciso e lo ha modificato rendendolo malleabile e impreciso, facendo emergere un tempo succube ai pensieri individuali. La morbidezza dell’orologio si scontra con la robustezza del tronco d’albero su cui si sorregge. La scultura è di color verde scuro e oro, quest’ultimo scelto per i numeri, le lancette e il cornicione dell’orologio.

Altro simbolo ricorrente in Dalì è il cassetto. Quest’ultimo regna protagonista nell’opera bronzea del 1980 “Donna in fiamme”. Alta 176cm e con la schiena inarcata verso l’indietro e sorretta da una stampella, la figura femminile è priva di volto: si tratta di una scelta strategica per l’artista in quanto l’assenza di un viso implica l’identificazione di tutte le donne in una sola. Il suo corpo è coperto da fiamme, e quindi da una passione ardente, e vede, nella parte anteriore, nove cassetti, alcuni aperti e altri chiusi, che simboleggiano l’inconscio di ogni essere umano. Secondo Dalì, influenzato dalle letture freudiane, il cassetto rappresenta la sensualità delle donne, un loro segreto, e solo la psicoanalisi è capace di aprirlo, di svelarlo. Attraverso esso, si può entrare nella mente femminile e scoprirne i desideri più nascosti.

Dalì, da buon esponente surrealista, cercava sempre di collocare determinati oggetti in ambienti e contesti improbabili e irrazionali, al fine di privarli del loro significato originale. È ciò che viene mostrato nelle varie illustrazioni, appartenenti a libri, che sono state poste lungo le pareti dello spazio espositivo. Se analizziamo attentamente le litografie, le incisioni e i collage, vediamo stampelle, elefanti dalle gambe sottili e lunghe e fagioli spagnoli susseguirsi come fossero motivi ricorrenti della sua carriera. In particolar modo, la stampella è una figura che torna spesso in Dalì: si tratta del simbolo di un individuo fragile che necessita sostegno da un oggetto più stabile e duro. L’artista, da bambino, trovò una vecchia stampella in soffitta e da quel momento divenne uno dei suoi oggetti del feticcio, da cui è stato sempre terribilmente affascinato. Gli elefanti di Dalì, invece, sono facilmente riconoscibili dal corpo massiccio che tende a scontrarsi con fragili gambe: l’idea di fondo è l’assenza di peso pur con una struttura. Questo concetto è presente nella scultura in bronzo di 277cm “Elefante spaziale”, realizzata nel 1980. Posto come ultima opera del percorso, un elefante con lunghe gambe sottili multisnodate sorregge un obelisco dorato, un omaggio al lavoro scultoreo di Gian Lorenzo Bernini. Simbolo di potere e conoscenza, l’obelisco rappresenta il grosso fardello che spesso l’uomo deve portarsi sulle spalle, ma, in questo caso, non ha peso, a tal punto che anche un animale che si sorregge su arti fragili può sostenerlo: si tratta di una situazione illusoria e onirica. L’esagerata altezza delle gambe e dell’obelisco, inoltre, simboleggia il volo di fantasia a cui l’uomo mira in direzione del divino, dei cieli o di un universo ipnotico.

La mostra evento è prodotta da Next Exhibition (leader nell’organizzazione e realizzazione di mostre temporanee a carattere culturale e di edutainment), in collaborazione con The Dalí Universe (società specializzata in Salvador Dalí e gestrice di una delle più grandi collezioni private di opere dell’artista al mondo) e con l’Associazione Culturale Dreams, e con il patrocinio dell’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Spagna e di Città Metropolitana di Torino.

I capolavori in vetro e cristallo stupiscono per cromie e forme, dal “Ciclope” (1968) alla “Chitarra” (1971) all’”Anti-Fiore” (1971). Conducendo il visitatore ai bronzicome “Il Violino” (1966) che con le sue forme sinuose ricorda una schiena umana o ai due preziosissimi “Caducei” (1983) in oro 18 carati, argento e ametista.

Stefania Albanese

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2022-12-07
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