Questa volta dirò immediatamente di chi voglio scrivere: Milo Manara. Un autore meraviglioso che ha avuto occasione di sprigionare il suo talento sia come autore di fumetti che attraverso collaborazioni di altissimo livello.
Originario del veronese, zona in cui vive ancora oggi, ha cercato e trovato la sua fortuna a Milano. Anche Maurilio, noto Milo, ha sulle spalle una storia che vale la pena conoscere.
È fra gli artisti più famosi del panorama mondiale del fumetto. E pensare che da ragazzino i fumetti erano proibiti in casa sua. La madre, insegnante d’altri tempi, non li riteneva adeguati né degne letture.
Tuttavia Milo non fa che disegnare, dentro e fuori dal liceo artistico che frequenta. Quello del fumettista sarà una professione da lui fortemente voluta, con grande tenacia e convinzione. Si rese infatti conto, pur giovanissimo (come artista), che l’arte figurativa non poteva più essere quella di una volta, quella in cui il ‘favor’ di un mecenate accompagnato da qualche mostra o esposizione, avrebbero portato le sue opere, uniche, nelle case delle persone.
Si andava verso la massificazione dell’arte. I movimenti di contestazione di fine anni ’60, nati dal ventre della società, e a cui lo stesso Manara prese parte, gli resero chiara l’idea che l’arte andava perdendo il suo ruolo sociale (ruolo che andava via via trasferendosi su altre forme, come il cinema e la televisione).
Disegnare fumetti, però, permetteva di recuperare il contatto con un pubblico, anche se non era lo stesso pubblico delle mostre di quadri, e soprattutto comportava guadagni chiari e sicuri, in percentuale alle vendite.
Quello degli esordi è, quindi, un artista arguto.
Invece di denigrare quel ramo dell’arte che si chiama fumetto, che ancora fatica oggi, in Italia, a trovare la meritata dimensione, ci si butta a capofitto, da autodidatta. Un lavoro che Milo stesso dirà “cercato e voluto a tutti i costi”.
Questa è la prima grande storia. Quella di un ragazzo che, pur chiamandosi Manara, non è ancora quel Manara che diventerà da grande.
Parlare di lui col senno di poi è facile, quando si ha di fronte uno dei talenti che più ha segnato un intero settore della produzione artistica di un paese e del mondo.
La vera storia è quella di un istinto, forse originato dalla necessità, da esigenze lavorative, ma che rivelerà la via per un successo certamente all’epoca inaspettato.
Candidamente, Milo ammetterà che i primi lavori gli sono stati utili perché “in quella roba lì, si poteva anche sbagliare, così ho potuto imparare”.
“Quella roba lì” erano i fumetti erotici-polizieschi del tempo.
Non certamente ingratitudine, la sua, ma impronta della sua volontà di crescere e migliorare.
Nei primi anni ’70 il fumetto italiano di quel genere era ancora in evoluzione, molti subivano una transizione dal fotoromanzo, il nero italiano era praticamente appena nato, col Diabolik delle Giussani del 1964.
L’eros è rimasto marchio di fabbrica dell’autore, e direi che tutto ciò che dell’eros ha ispirato Manara, Manara l’ha restituito! Ha liberato l’erotismo dalle carceri e dalle caserme, in cui venivano generalmente consumati questo genere di fumetti, e gli ha disegnato (anche) una dignità, molto più vicina alla più rappresentativa delle cosiddette arti nobili, la pittura, tanto che i suoi personaggi femminili sono oggi chiamati “le Veneri di Milo”, con chiaro riferimento niente meno che al Botticelli.

Nella sua carriera Manara avrà la fortuna di avere intorno personaggi simili a lui. Mino Milani, medico e figlio di una famiglia borghese di medici, che abbandonò presto e con coraggio la professione per dedicarsi alla sua vera passione, la storia. Mezzo, questo, per il passaggio di Manara dal fumetto commerciale a quello culturale del Corriere dei Ragazzi.
Hugo Pratt, altro fumettista mondiale, più grande d’età di Milo e già affermato grazie a Corto Maltese, che lo convinse a scrivere le proprie storie, dando poi il nome al personaggio della prima storia del Manara autore: Giuseppe Bergman.
Federico Fellini, di cui Milo era fanatico, tanto da dedicargli un’opera, che gli permise pure di conoscerlo personalmente e di collaborare con lui.
Quello che più si “deve” apprezzare di Milo Manara è la sua idea del fumetto, come ne parla. È fra i pochi in grado di elevare questa forma espressiva al di sopra del banale articolo da edicola, da mezzo di comunicazione di massa a vera e propria arte, capace di suscitare emozioni in chi osserva. Eppure palesa una grande umiltà ed intelligenza nelle sue parole.
In un’intervista dirà “la vocazione del fumetto è il bianco e nero. La povertà del fumetto, è il vero vantaggio!”
Un insegnamento dello stesso Hugo Pratt, capace di disegni chiari, anche molto complessi, con un tratto della matita quanto mai essenziale. Ne scaturisce la possibilità di “creare universi interi col minino dispendio di risorse”. Nel fumetto, a differenza del cinema, “una carica di cavalleria costa quando una massaia che prepara il caffè”.
Chi conosce Manara, preferirà certamente la seconda!

